NELLA CAMPAGNA ROMANA AL RITMO DI TAMBURELLI, STIMBALI E ZAMPOGNE
Quasi come se la grandiosità degli antichi splendori ne soffocasse la fantasia, Berlioz soffriva terribilmente per la monotonia della vita romana, che lo lasciava in preda a «tempeste interiori».
Riusciva a respirare, allora, solo assecondando il desiderio di esplorare, che lo portava nei dintorni della città e fino in Abruzzo, per dormire in mezzi ai campi e vagare senza meta cercando svago e libertà nella vita semplice. Così, partiva in escursioni fuori porta, tra Subiaco, Alatri, Civitella, Genazzano, Isola di Sora, San Germano, Arce, nel mezzo di quei paesaggi aspri e di quella gente dallo sguardo sospettoso, trascorrendo il tempo in compagnia degli altri artisti o di uomini mezzi banditi e mezzi soldati.
E lì l’entusiasmo si riaccendeva, a contatto con la musica popolare, tra tamburelli, zampogne, stimbali, saltarelli improvvisati dei balli d’osteria e serenate che si elevavano nelle notti, tra discordanze e roca dolcezza della voce dei montanari.
Il fascino di quest’Italia selvaggia, che dona «la libertà di dimenticare il tempo, di disprezzare l’ambizione, di ridere della gloria, di non credere più all’amore», resterà impresso nella fantasia del compositore qualche anno dopo, ritornando nelle sue opere.