AUTORE: Hector Berlioz
TRADUZIONE DI: Graziella Martina
GENERE: Saggio Musica
EDITORE: FBE 2006
ARTICOLO DI: Marco Braggion
Nel febbraio 1832 il giovane Hector Berlioz vince a Parigi il Prix De Rome, un riconoscimento che conferisce borse di studio della durata di due anni a giovani e talentuosi artisti francesi. Per il ventinovenne compositore della Symphonie fantastique, capolavoro del poema sinfonico che aprirà nuove vie all’evoluzione timbrica della musica del romanticismo di fine Ottocento, il soggiorno all’Accademia di Francia a Roma offerto dalle alte cariche culturali d’oltralpe si rivelerà un’esperienza fondamentale sia per la costruzione della sua personalità che della sua poetica musicale. Da Parigi a Roma il viaggio si rivelerà irto di ostacoli, ritardi, avventure ed esperienze a contatto con personaggi folkloristici e insoliti che insinuerà nella mente del giovane Berlioz il tarlo per il vagabondaggio. Quando il ragazzo approda infine nella bella Villa Medici si sentirà quasi imprigionato nelle mura della ‘caserma’ e tenterà di tutto per scappare. Sempre in bilico tra una voglia di tornare a casa - il giovane proverà la fuga in solitaria, ma sarà rispedito in Italia per una mancanza di documenti e di permessi di rientro - e uno spleen tardoadolescenziale, Berlioz imparerà a girare da solo l’Italia, scendendo a Napoli o girovagando per le strade di Firenze, Genova, Subiaco, fermandosi a contemplare il silenzio della chiesa di San Pietro e altri luoghi suggestivi, che lo marchieranno con una lunga teoria di suoni, sensazioni, e visioni poi fondamentali per la composizione dei suoi lavori post-italiani, ricchi di rimandi a strumentazioni e melodie popolari...
Scritto come un diario letterario, questo piccolo reportage (che è una selezione delle più corpose memorie del compositore) rivela una buona penna di reporter di viaggio. In più apre una breve ma acuta critica ai musicisti contemporanei, compresi quelli italiani, accusati di essere troppo melodici e di arricchire in maniera spropositata con barocchismi e abbellimenti inutili le loro composizioni. Il libro offre un simpatico ritratto di un’epoca spesso idealizzata dall’iconografia e dalle noiose e impolverate descrizioni dei libri di storia che ci assillano sui banchi di scuola. Se analizzata e descritta dal punto di vista cronachistico, l’Italia di quegli anni acquisisce un sapore nuovo e insolito. La descrizione che Berlioz delinea in conclusione (parlando del popolo italiano) è di una contemporaneità sorprendente: “Di tutti i popoli d’Europa, sono incline a considerarlo [quello italiano] come il più inaccessibile all’aspetto evocativo e poetico dell’arte così come a ogni concezione originale un po’ elevata. Per gli italiani la musica è un piacere dei sensi, nient’altro. Verso questa bella manifestazione del pensiero essi non hanno più rispetto di quello che hanno per l’arte culinaria. Vogliono delle partiture che possano essere assimilate al primo colpo, senza riflettere, persino senza prestarvi attenzione, come farebbero con un piatto di maccheroni”. Schiavi della musica pop già nell’Ottocento? Sicuramente adatto ai melomani fan della musica del francese, ma godibile anche per chi ama la storia del nostro Bel Paese narrata ‘dal basso’.