Flora Tristan - Antonia Bonomi - L’orgoglio e la fatica di essere donna - Graziella Martina - In viaggio con gli scrittori

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L’orgoglio e la fatica di essere donna
di Antonia Bonomi

Da noi è relativamente conosciuta, per lo meno dal grosso pubblico, mentre in Francia il suo nome è stato dato a scuole e centri d’accoglienza per donne vittime della violenza e per ricordarla nel bicentenario della sua nascita lo scrittore Mario Vargas Llosa le ha dedicato un libro, Paradisi lontani, che la racconta accomunandola al nipote, questo universalmente conosciuto, Paul Gauguin.
Flora Tristan, detta donna Florita, nasce all’inizio del 1800, esattamente nel 1803, vive solo quarantun anni, ma la sua indomabile volontà, il suo senso della giustizia sociale lasciano un segno, un testimone che sarà ripreso cinque anni dopo da Marx e Engels.
Flora Célestine Thérèse nasce a Parigi. Il padre è don Mariano Tristan y Moscoso, colonnello dei Dragoni del re di Spagna, ricco signore discendente da una delle più opulente e antiche famiglie spagnole del Perù, la madre è Thérèse (ma qualcuno dice Anna, mentre altre fonti sostengono che Anna era la sorella), Laisey, figlia di un francese cattolico scappato in Spagna con l’arrivo della rivoluzione e del terrore. Malgrado la differenza di classe sociale, lei è borghese e povera, i due s’innamorano e un bel giorno si sposano in casa di lei. È l’abate de Roncelin a ufficiare il rito che, però, non ha alcun valore in Francia, dove si trasferiscono e dove l’anno seguente nasce Flora. La famiglia vive nel lusso, Flora cresce tra domestici e ospiti illustri, tra i quali Simon Bolìvar, la vita scorre senza alcun problema, la madre è nuovamente incinta quando il 14 giugno 1807 il sognatore amante dei giardini don Mariano muore per un attacco apoplettico fulminante. E iniziano le difficoltà. I genitori non hanno mai regolarizzato la loro posizione, la madre risulta una concubina e non ha diritto a nessuna eredità, Flora è illegittima. Madre e figlia restano nella bella casa di Vaugirand fino ad ottobre, alla nascita di Mariano Pio Henrique, poi sono costrette a sloggiare e inizia un lungo vagabondaggio in case sempre più povere, sempre più misere man mano la madre esaurisce le economie. Flora cresce con i racconti della madre, che favoleggia del suo futuro di erede di una grande fortuna. Sono anni difficili per la Francia, la campagne napoleoniche hanno ridotto la popolazione alla fame, ancora più drammatiche sono le condizioni di chi è già povero e Flora conosce la fame. L’amato fratellino muore a nove anni e mezzo, non si sa di cosa e Flora non ne parlerà mai, è possibile sia morto di stenti.   
Ha sedici anni ed è una bella ragazza sottile dai lunghi capelli neri e gli occhi di brace, il soprannome è “bella andalusa”, deve lavorare e si presenta come colorista ad un incisore, André Chazal, che cercava un’operaia. L’uomo se ne innamora, Flora non ne vuole sapere e lui, non dimenticate che siamo nella prima metà dell’Ottocento, chiede la sua mano alla madre di lei che gliela concede. Flora non la perdonerà mai e scriverà che la obbligò a sposare un uomo che non amava e che, soprattutto, non stimava, da quella unione faceva discendere tutti i suoi mali.
Ha tre figli, due maschi e una femmina, Aline, l’unica con la quale manterrà rapporti. Il matrimonio dura poco, non solo non ama e non stima il marito, questo è anche un forte bevitore e Flora lo pianta abbandonando il tetto coniugale. Non dimentichiamo che siamo nella prima metà dell’Ottocento, la cosa suscita scandalo e nel suo ambiente viene considerata una reproba, una paria come non smetterà di sottolineare lei, che userà l’aggettivo per il titolo del suo primo libro. Entra come domestica al servizio di ricchi inglesi e con loro viaggia attraverso l’Europa, poi s’imbarca a Bordeaux per il Perù, alla ricerca delle sue origini e dell’eredità di cui le parlava la madre. Arriva ad Arequipa, la città dei suoi avi, è accolta dalla famiglia, lo zio Pio le riconosce una rendita a vita, dopo venti mesi vissuti attraversando il paese torna a Parigi e scrive Le peregrinazioni di una paria, reportage del suo viaggio della speranza attraverso l’Atlantico e il Perù, descrivendone le miniere, le guerre civili, i monasteri, la misera vita degli indigeni. Ora è finanziariamente sicura, ma il suo spirito non trova pace. Non dimentica gli anni della sua miseria, non dimentica lo scandalo suscitato quando ha abbandonato il marito e scrive Necessità di riservare una buona accoglienza alle donne straniere, nella quale si chiede perché una donna sola deve essere considerata anormale, perché una donna non deve avere una propria identità e non avere il diritto di divorziare. L’ex marito la perseguita, cerca di portarle via la figlia, tenta di ucciderla aspettandola sotto casa e ferendola. La notizia suscita clamore nella Parigi del tempo e lo scrittore Sainte-Beuve, con un pizzico di sarcasmo, afferma che Flora Tristan è diventata più famosa in un’ora che in dieci anni di vita letteraria. La giustizia l’aiuta ad essere padrona delle proprie azioni: il marito è condannato a vent’anni di galera, lei può finalmente  diventare membro della Parigi culturale che conta e scrive un romanzo.
Giornalista ante litteram, si reca in Inghilterra per studiare tutto, miserie e nobiltà, frequenta bettole, topaie e bordelli annotando puntigliosamente ambienti e sensazioni, per entrare nel Parlamento, vietato alle donne, si traveste da ambasciatore turco. Da questa esperienza nasce Promenades dans Londres dove, tra l’altro, denuncia il traffico dei bambini e la grande miseria, si scaglia contro la prostituzione.
Le sue fissazioni sono la povertà, lo sfruttamento in genere, in particolare delle donne: “Rivendico i diritti delle donne, perché sono convinta che tutte le sofferenze del mondo derivino dalla mancanza del rispetto e dal disprezzo dei diritti naturali e imprescindibili dell’essere femminile”.  Sembra invasata, si mette in viaggio per la Francia, frequenta le taverne dove si riuniscono gli operai e cerca di convincerli a riunirsi nell’Unione Operaia, associazione che permetterà loro di sfuggire allo sfruttamento, alla sottomissione. Non lesina le forze, non ha cura di se stessa, convinta com’è di avere una missione da compiere, di essere un Messia al femminile, si spreme fino all’ultimo e muore consumata il 14 novembre del 1844.
Lascia la figlia Aline che due anni dopo sposerà un giovane giornalista, Clovis Gauguin, dal quale avrà il figlio Paul.
Gli operai stimolati dalle sue battaglie “socialiste” le faranno erigere un monumento nel cimitero di Bordeaux.
Com’era Flora Tristan Dietro Lo Specchio Dell’Astrologia?
Pioniere si dice dell’Ariete, Flora è stata pioniera dell’emancipazione femminile nella vita e nel lavoro, delle battaglie operaie e la Luna nella Bilancia indica che il suo era un sentimento genuino, dettato da un grande senso della dignità personale e della giustizia. Il suo motto “Dio, amore e coscienza: del resto non m’importa niente”, non era solo un modo di dire, ma qualcosa di profondamente sentito. Era un temperamento forte, che qualcuno potrebbe definire virile, la femminilità svenevole e il senso materno erano deficitari con quel Marte nel segno del Cancro quadrato al Sole, ma quel Marte è stato la molla che l’ha fatta combattere in nome dell’umanità femminile e di tutti i sottomessi. Però, Florita aveva anche un risvolto molto più sensibile, ipersensibile. Tendeva alla mania di persecuzione e le esperienze scioccanti dell’infanzia hanno senza dubbio trovato terreno fertile, contribuendo a farla radicare e scivolare verso l’esaltazione. Aveva un senso del dovere esasperato, doveva e voleva riuscire a tutti i costi, ma non aveva molto senso dell’organizzazione, si perdeva nei particolari, pretendeva di fare tutto e il fanatismo faceva parte del suo bagaglio, come il masochismo, la relativa fortuna e il guizzo della genialità. Grande Florita, nelle qualità un esempio per tutti, uomini e donne.          

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