IL FEMMINICIDIO MANCATO DI FLORA TRISTÁN
CHE VISSE MOLTI SECOLI IN 40 ANNI
Ricordata per il suo impegno politico e sociale, musa del femminismo ottocentesco, Flora Tristán fu quasi uccisa dal marito, che non accettava il suo spirito indipendente.
Si sentiva un’intoccabile, Flora Tristán, un’impura, come nel sistema sociale induista. Nella sua autobiografia Le peregrinazioni di una paria, tradotto da Graziella Martina, edito per i tipi di Ibis e pubblicato originariamente nel 1838, raccontò come un matrimonio sciagurato, seguito da una separazione dolorosa e dalle persecuzioni del marito, la spinsero a fuggire da tutto ciò che amava di più, alla ricerca della libertà e dell’autodeterminazione.
Il viaggio
Finalmente libera, ma con l’incubo dell’ex marito sempre presente, Flora Tristán affidò i figli alla madre e provò a recuperare il tempo perso, viaggiando per l’Europa, studiando e scrivendo. Quando la sua famiglia materna si schierò dalla parte dell’ex marito, lasciò la figlia Aline alle cure di un istituto religioso e nel 1833 partì per il Perù con la speranza di essere riconosciuta dalla sua famiglia paterna e ottenere l’eredità che le avrebbe permesso di vivere in modo indipendente.
Questa società plasmata sul dolore, dove l’amore è uno strumento di tortura, non mi attirava; i suoi piaceri non mi davano illusioni, vedevo il suo vuoto e la felicità che era stata sacrificata; la mia esistenza era andata in frantumi e tutto quello che volevo era una vita tranquilla.
Tornò un anno dopo con una misera rendita strappata ai Tristán y Moscoso ma con maggiore consapevolezza personale, che le permise di scrivere le sue peregrinazioni. In esso raccontò la situazione socio-politica del Perù, piagata dall’ingerenza della Chiesa cattolica e dalla schiavitù. Il suo libro ottenne un discreto successo: non fu però accolto con gioia dai parenti del padre, che le tagliarono prontamente i fondi. Troppo tardi, perché ormai lei poteva vivere di scrittura e dimenticarsi delle preoccupazioni finanziarie.
Tornata in Francia, partecipò attivamente a circoli letterari e socialisti parigini, spendendosi soprattutto per le donne che come lei stavano cercando una strada. Non aveva fatto i conti con il marito, che ancora non si era rassegnato: dopo aver rapito ripetutamente la figlia Aline e tentato invano di ottenere l’affidamento del figlio Ernest, finì in prigione perché accusato di incesto dalla moglie. Rovinato e rimasto senza lavoro, André Chazal giurò vendetta.
Uscito dal carcere, il 10 settembre 1838 la pedinò e le sparò per strada con una pistola; Flora Tristán dovette convivere fino alla fine dei suoi giorni con un proiettile nel petto. Durante il processo, in cui l’avvocato della difesa Jules Favre tentò di dipingere la donna come una poco di buono, Chazal fu condannato a vent’anni di lavori forzati, commutati poi in carcere. Flora potè finalmente dedicarsi al suo impegno per i lavoratori, scaturito dopo lunghi periodi trascorsi in Inghilterra per osservare gli effetti della rivoluzione industriale.
Figura di spicco nelle lotte della classe operaia e per la condizione delle donne in tutto il mondo, sebbene spesso lasciata in disparte dai colleghi uomini, cominciò ad autopubblicare i suoi scritti e a proporli su abbonamento. Nel 1843 decise infine di organizzare un Tour de France per incontrare i lavoratori di tutti i territori francesi, ma non fece in tempo a terminarlo: il 14 novembre 1844 morì a soli 41 anni di febbre tifoide, conseguenza del tentato omicidio di cui era stata vittima. Oggi il suo nome continua a vivere in un centro antiviolenza a lei dedicato, il Centre Flora Tristan di Châtillon, che offre supporto e accoglie le donne vittime di violenze in famiglia.